FONDAZIONE IN BETWEEN ART FILM

 

Penumbra
20.04–27.11 2022

Una mostra ideata e prodotta da Fondazione In Between Art Film con Karimah Ashadu, Jonathas de Andrade, Aziz Hazara, He Xiangyu, Masbedo, James Richards, Emilija Škarnulytė, Ana Vaz

a cura di Alessandro Rabottini e Leonardo Bigazzi

Complesso dell’Ospedaletto
Barbaria de le Tole, 6691 Venezia

Penumbra è aperta tutti i giorni, tranne il martedì. L’ingresso è gratuito, dalle 10 alle 18, con ultimo accesso alle 17

INTRODUZIONE

“Nel buio di una sala di proiezione prendono corpo tanto i nostri sogni quanto le nostre inquietudini. È all’interno di questo spazio in costante movimento che le visioni degli artisti possono materializzarsi. Fondazione In Between Art Film è nata dal desiderio di sostenere e di vedere realizzate opere video e filmiche, accompagnando passo per passo la costituzione, davanti ai nostri occhi, di quei mondi che gli artisti riescono a immaginare e prevedere. Penumbra è la prima mostra interamente ideata e prodotta dalla Fondazione e raccoglie, immerse nell’atmosfera unica e nella storia del Complesso dell’Ospedaletto, otto opere inedite, commissionate ad artiste e artisti di cui ammiro profondamente la capacità di guardare senza esitazione alle tensioni e alle speranze del nostro tempo. Sono felice di poter presentare la nostra attività a Venezia—una città che è un inno all’atto del vedere—e in un’occasione così prestigiosa come la Biennale Arte 2022, nella speranza che dagli spazi di penombra possano nascere nuove visioni e nuove forme di comprensione reciproca.”

Beatrice Bulgari, Presidente, Fondazione In Between Art Film

Penumbra

Penumbra raccoglie otto nuove opere video e filmiche commissionate da Fondazione In Between Art Film ad altrettanti artiste e artisti internazionali, con il desiderio di produrre una riflessione sulle immagini in movimento come spazio di trasformazione materiale e metaforica.
Prendendo ispirazione dall’atmosfera rarefatta di Venezia e dall’architettura ibrida dell’Ospedaletto e della Chiesa di Santa Maria dei Derelitti, la mostra è pensata come un dispositivo scenico in cui l’architettura e la sua storia, il suono, le immagini e gli interventi spaziali temporanei sono in dialogo reciproco. Il concetto di “penombra” è qui esplorato secondo una doppia valenza: da una parte, sul piano materiale l’assenza di luce è la condizione necessaria affinché le immagini in movimento siano visibili; dall’altra, sul piano metaforico la semi-oscurità è interpretata come una soglia, come luogo di transizione all’interno del quale i contorni e le sembianze delle cose sfumano tra loro. Intesa come lo spazio che abitiamo tanto al sopraggiungere della notte quanto all’annuncio di una nuova alba, la penombra ridefinisce la distinzione tra ciò che è vero e ciò che è falso, tra memoria storica e fantasmi individuali, tra la realtà dei corpi e le loro rappresentazioni sociali, tra l’umano e l’ambiente assoggettato.
Il percorso espositivo si articola in differenti aree del Complesso dell’Ospedaletto, le cui funzioni si sono sovrapposte nel tempo a partire dal Sedicesimo secolo, quando venne istituito come struttura provvisoria per accogliere i bisognosi. Alla stratificazione architettonica maturata nel corso dei secoli attraverso gli interventi di Baldassare Longhena, Giambattista Tiepolo, Giuseppe Sardi e Jacopo Guarana, corrisposero i cambiamenti nelle destinazioni d’uso, da ospedale a casa di riposo fino a spazio culturale.
Amplificando questa polifonia di storie, epoche e funzioni, le opere di Penumbra ci conducono all’interno di un’architettura per immagini in cui geografie tra loro distanti e tensioni a noi prossime convivono, attraverso l’impiego di un altrettanto diversificata serie di linguaggi che spaziano dagli approcci narrativi alle sperimentazioni visive e sonore. All’interno di un luogo che è stato per secoli uno spazio di cura e di speranza, le opere di questa mostra ci raccontano un mondo globale e frammentato, costellato di zone d’ombra e di improvvisi lampi di luce, e portano alla nostra attenzione scenari di continua metamorfosi tra vulnerabilità e immunità, verità e finzione, distruzione e affermazione, solitudine e collettività.

Alessandro Rabottini, Direttore Artistico, Fondazione In Between Art Film
Leonardo Bigazzi, Curatore, Fondazione In Between Art Film

ONE

Masbedo
Pantelleria, 2022

Installazione video monocanale site-specific, colore, suono stereo, 19’. Courtesy degli artisti e Fondazione In Between Art Film

Tra il 9 maggio e l’11 giugno 1943, l’isola di Pantelleria fu violentemente bombardata dalle truppe alleate nella prima operazione di riconquista dell’Italia. Gli abitanti raccontano che, dopo la resa, edifici del paese furono fatti saltare per le riprese di un combat film di propaganda. Di questo episodio, l’opera rintraccia le memorie sedimentatesi nella coscienza collettiva dell’isola e guarda alle implicazioni contemporanee di un evento all’ombra della Storia ufficiale. Attraverso un processo partecipativo che ha coinvolto gli abitanti per due anni, Pantelleria evoca la tensione tra la verità e la sua distorsione ideologica, tra la realtà delle bombe e il loro racconto per immagini. L’Hangar Nervi, simbolo della militarizzazione dell’isola voluta da Mussolini, è ripreso vuoto e abitato da una magica presenza animale. Estratti del combat film sono proiettati sugli edifici della Pantelleria contemporanea, mentre la telecamera percorre i bunker scavati dall’esercito italiano. La narrazione fuori campo, composta e interpretata dallo scrittore Giorgio Vasta, fornisce un corpo espressivo ai racconti dell’isola, mentre il suono di GUP Alcaro e Davide Tomat distorce le registrazioni dell’Orchestra locale Spata, trovando nella musica da ballo uno spazio di riattivazione del passato e liberazione nel presente.

Masbedo sono Nicolò Massazza (1973, Italia) e Iacopo Bedogni (1970, Italia). Vivono a Milano e lavorano insieme dal 1999. Le loro opere sono state esposte a ICA, Milano; MAMM – Multimedia Art Museum, Mosca; Manifesta 12, Palermo; Haus der Kulturen der Welt, Berlino; MART, Rovereto; Leopold Museum, Vienna; MAMBA – Museum of Modern Art of Buenos Aires; Castello di Rivoli, Torino; MAXXI, Roma; Tel Aviv Museum of Art; e Centre de Cultura Contemporània de Barcelona, tra le altre.

TWO

Karimah Ashadu
Plateau, 2021

Video a due canali, colore, suono, 27’. Supporto aggiuntivo di African Culture Fund, Mali. Si ringrazia Columbia Institute for Ideas and Imagination. Courtesy dell’artista e Fondazione In Between Art Film

L’installazione video ritrae un gruppo di minatori di stagno indipendenti e privi di permessi nella regione nigeriana del Jos Plateau, intenti a procurarsi da vivere in una terra impoverita e instabile, in condizioni precarie e spesso pericolose. Plateau [Altopiano] è un’esplorazione lirica e investigativa del rapporto tra paesaggio e corporeità simboleggiato, nel suo essere resistente a circostanze avverse, dalla presenza maestosa del cactus. I corpi maschili sono rappresentati mentre passano strenuamente al setaccio il fango e muovono i secchi d’acqua in gesti ripetitivi simili a pennellate. Anziché idealizzarli, il film si avvicina a questi lavoratori esausti e ai gesti decisi con cui si occupano coraggiosamente della terra. Ricorrendo a tecniche manuali ereditate, essi tornano a estrarre i detriti di ciò che il regime coloniale britannico ha lasciato dietro di sé dopo aver sfruttato per secoli la Nigeria in maniera intensiva e violenta. Le loro testimonianze, insieme a quelle degli abitanti locali e dei proprietari terrieri, documentano il collasso economico della regione in seguito allo smantellamento delle industrie britanniche, così come le nuove possibilità per la loro comunità di perseguire l’indipendenza.

Karimah Ashadu (1985, Regno Unito) è un’artista britannico-nigeriana che vive e lavora tra Amburgo e Lagos. Il suo lavoro è stato esposto a Secession, Vienna; Bonner Kunstverein; Hamburger Bahnhof – Museum für Gegenwart, Berlino; Kunstverein in Hamburg; Galerie für Zeitgenössische Kunst, Lipsia; MoMA, New York; e Centre d’Art Contemporain Genève, tra le altre.

THREE

Ana Vaz
É Noite na América, 2021

Installazione video a tre canali, 16mm trasferito in HD, colore, suono, 44’. Co-prodotto da Pivô Arte e Pesquisa, e Spectre Production. Courtesy dell’artista e Fondazione In Between Art Film

“Un giovane formichiere rinvenuto morto sul ciglio della strada, un crisocione trovato in una fattoria di Sobradinho II, un piccolo gufo tratto in salvo nel quartiere Radio Center, un capibara nuota nello specchio d’acqua del Palazzo Itamaraty. La domanda è: sono gli animali a invadere le nostre città o, piuttosto, siamo noi a occupare il loro ambiente?” (Correio Braziliense, febbraio 2021). Sulle ali della capitale del Brasile—una necropoli trasformata dagli architetti in un’oasi a forma di aeroplano—migliaia di vite in trappola cercano rifugio nei suoi giardini. É Noite en América [È notte in America] si svolge nello zoo di Brasilia, dove sono messe in salvo centinaia di specie fuggite dalla violenza dell’industria agroalimentare, dell’urbanizzazione e dell’inquinamento del Cerrado brasiliano. Come un rituale notturno filmato su pellicola 16 mm scaduta— un materiale che a sua volta rischia di scomparire—questa installazione immersiva lancia un incantesimo animale tra eco-horror, film sull’ambiente e documentario, sovvertendo i limiti dei generi cinematografici. Formichieri giganti, lontre, crisocioni, gufi e capibara incontrano veterinari, guardiani e membri della polizia ambientale in una trama cupa in cui le sfide per la conservazione della vita si intrecciano in una rete di prospettive diverse. Alla fine, chi è davvero in prigione?

Ana Vaz (1986, Brasile) è un’artista e regista. I suoi lavori sono stati presentati a Tate Modern, Londra; Palais de Tokyo, Parigi; Jeu de Paume, Parigi; LUX Moving Images, Londra; New York Film Festival – Projections; TIFF Wavelengths, Toronto; BFI, Londra; Cinéma du Réel, Parigi; Whitechapel Gallery, Londra; MAM – Museu de Arte Moderna de São Paulo; Matadero, Madrid; Jameel Arts Center, Dubai; Confort Moderne, Poitiers; Savvy Contemporary, Berlino; e Sonic Acts, Amsterdam, tra le altre.

FOUR

Emilija Škarnulytė
Aphotic Zone, 2022

Installazione video site-specific, 4K, colore, suono 5.1, 16’. Courtesy dell’artista, Erik Cordes e The Schmidt Ocean Institute, e Fondazione In Between Art Film

Aphotic Zone [Zona afotica] compie un viaggio cinematografico negli abissi dell’oceano per rilevare gli aspetti tanto mitologici quanto rovinosi della cupidigia umana nella sua pur breve permanenza sulla Terra. Superiamo una fossa a 4 km di profondità e spuntiamo, dall’altra parte, nella zona di buio assoluto (o afotica) delle montagne sottomarine dell’oceano Pacifico, in Costa Rica. In questa oscurità troviamo alcune strane creature bioluminescenti a rappresentare l’unica fonte di luce. Un sottomarino a comando remoto campiona coralli degli abissi con i suoi bracci meccanici, mentre le immagini di un fondale ondulato generato dai dati di uno scanner laser 3D insieme a quelle dell’imponente radar Duga (un sistema di difesa missilistica dell’era sovietica vicino a Chernobyl, Ucraina) creano un paesaggio di creature preistoriche e tecnologie avanzate. Qui, stranamente, un agire più che umano e macchinico convive con la memoria sonora di una civiltà remota: il suono, mixato dagli ingegneri Premi Oscar Jaime Baksht e Michelle Couttolenc, è stato registrato nella piazza principale di Città del Messico durante la commemorazione dei 500 anni dalla sanguinosa conquista spagnola di Tenochtitlan. L’ex-capitale dell’impero azteco diventa un fantasma acustico che evoca le distruzioni contemporanee di società ed ecosistemi. Oscillando tra dimensione documentaristica e onirica, Aphotic Zone immagina il futuro come punto di osservazione per indagare il presente, tra le minacce della crisi climatica e dell’estrattivismo economico, le prospettive idealistiche della scienza e ciò che sopravviverà alla devastazione dell’avidità umana.

Emilija Škarnulytė (1987, Lituania) è un’artista e regista. Il suo lavoro è stato presentato a Tate Modern, Londra; Kunsthaus Pasquart, Biel; Den Frie, Copenhagen; National Gallery of Art, Vilnius; CAC, Vilnius; Kunstlerhaus Bethanien, Berlino; Ballroom Marfa; SeMA – Seoul Museum of Art; Kadist Foundation; RIBOCA 2018; Serpentine Galleries, Londra; e Centre Pompidou, Parigi, tra le altre. Nel 2019 ha vinto il Future Generation Art Prize.

FIVE

James Richards
Qualities of Life: Living in the Radiant Cold, 2022

Include Daily Photos e Observational Photos (entrambe le serie, 2000–2007) di Horst Ademeit (1937–2010), e un estratto di Hemlock (2022) di Leslie Thornton. Installazione video monocanale site-specific, 2K, colore, suono stereo, 17’29”. Con un ringraziamento speciale a Fatima Hellberg. Courtesy dell’artista, The Estate of Horst Ademeit e Fondazione In Between Art Film

Qualities of Life: Living in the Radiant Cold [Qualità di vita: Vivere tra le radiazioni] è un endoscopio materiale e metaforico che registra e compila nature morte domestiche, detriti e sistemi fognari urbani in una suite poetica e musicale per osservare più da vicino la dimensione privata e pubblica della decomposizione, dell’igiene e del contagio. Sviluppata in più strofe, l’opera pone un’attenzione granulare sui diversi materiali raccolti, quasi si dedicasse all’anamnesi di un Io, un corpo, una casa, una città. Il film intreccia discorsi su macro e micro scala in maniera non lineare, dall’evoluzione millenaria della struttura sociale delle api — un filmato originariamente girato dall’artista Leslie Thornton con cui Richards spesso collabora — alla breve analisi di un corpo attraverso una risonanza magnetica.Tra le sue forze guida c’è una serie di immagini provenienti dall’archivio di Horst Ademeit che, in maniera ossessiva, per decenni ha documentato l’impatto dannoso di radiazioni (ossia raggi invisibili che lui chiamava “freddi”) sull’ambiente circostante. In un’altra strofa sono recuperate vestigia erotiche, narcotiche e nostalgiche dall’appartamento e dallo studio di Richards, poi scansionate e animate in conglomerati mentali. Per tutta la durata del film, oggetti e soggetti, corpi e immagini si solidificano solo per un istante prima di liquefare i propri contorni e trasformarsi in qualcos’altro. Voci e percussioni sviluppate insieme ad attori e musicisti affiorano e sprofondando ritmicamente, provocando nuove interferenze. Nella sottile dimensione quotidiana e infrastrutturale che lo attraversa, il film propone un dilemma sulla sopravvivenza, o forse un trucco.

James Richards (1983, Regno Unito) è un artista che vive e lavora tra Berlino e Londra. Le sue opere sono state presentate al Castello di Rivoli, Torino; Malmö Konsthall; Künstlerhaus Stuttgart; ICA, Londra; Bergen Kunsthall; Chisenhale Gallery, Londra; Camden Art Centre, Londra; Whitney Museum of American Art, New York; Walker Arts Center, Minneapolis; MoMA, New York; Artists Space, New York; e la Biennale Arte 2013, tra le altre. Richards ha rappresentato il Galles alla Biennale Arte 2017.

SIX

He Xiangyu
House of Nations, 2021

Video monocanale, 2K, colore, suono 5.1, 28’58”. Courtesy dell’artista e Fondazione In Between Art Film

Ambientato durante la pandemia da COVID-19, House of Nations [Casa delle Nazioni] è il ritratto intimo e sfuggente di un giovane cinese che vive in una residenza per studenti internazionali a Berlino. Il film lo accompagna per due anni nelle sue faccende quotidiane, negli incontri sociali e nei momenti più privati, avvolto nell’invisibilità che il contesto urbano accorda alla vita degli individui. Attorno a lui non avviene nessun fatto degno di nota. Eppure una serie di minuscoli granelli di polvere—uno sguardo solitario, una certa disconnessione nel suo linguaggio corporeo—si insinua, suggerendo le aspirazioni e incertezze esistenziali con cui è alle prese. Se le sensazioni tattili come il calore di un fuoco, la secchezza delle mani sfregate l’una sull’altra, la morbidezza e la durezza di una corda in una sessione di bondage, diventano la bussola per orientarsi nel suo spettro psicologico, la ricorrenza di porte che si aprono e si chiudono allude ai tentativi di tradurre e trasgredire i confini tra la sua interiorità e l’esterno. Con un approccio da cinema verità, il film offre uno spazio dove raccontare le vite che altrimenti sarebbero considerate anonime, rivelando i paradossi della globalizzazione, nella sua falsa aspirazione a un mondo senza confini e a spostamenti senza frizioni.

He Xiangyu (1986, Cina) è un artista e regista che vive e lavora a Berlino. Le sue opere sono state esposte a UCCA Center for Contemporary Art, Pechino; Para Site, Hong Kong; Solomon R. Guggenheim Museum, New York; Smart Museum of Art, Chicago; Kadist Foundation, San Francisco; LACMA, Los Angeles; KW Institute for Contemporary Art, Berlino; Centre Pompidou, Parigi; Castello di Rivoli, Torino; e Biennale Arte 2019 – Padiglione della Repubblica Popolare Cinese, tra le altre..

SEVEN

Jonathas de Andrade
Olho da Rua, 2022

Video monocanale, colore, suono stereo, 26’. Courtesy dell’artista, Galleria Continua, Galeria Nara Roesler e Fondazione In Between Art Film

Ambientato in una piazza pubblica, Olho da Rua [Ad alta voce] mette in scena una serie di atti performativi incentrati su dinamiche collettive ed esercizi di sguardo con la partecipazione di un gruppo di senzatetto del centro città di Recife in Brasile, dove l’artista vive. L’opera si ispira alle tecniche del Teatro dell’oppresso di Augusto Boal e ingaggia questa comunità temporanea di attori non professionisti in situazioni che, tra finzione e realtà, affrontano temi come l’identità, la cura, la famiglia, la coscienza di classe, così come la visibilità sociale e politica. Fuori copione, il film accoglie le personalità e i mondi interiori del cast e rappresenta una potente testimonianza del Brasile contemporaneo, con il suo ricco multiculturalismo e le sue disuguaglianze strutturali. Ad accompagnarlo, una colonna sonora ipnotica composta dal percussionista Homero Basílio con strumenti tipici del nord-est del Brasile. Il film non è solo una riflessione sulle dinamiche di potere di derivazione coloniale e su come queste si possano manifestare nella creazione di immagini, ma anche una provocazione per chi guarda. Utilizzando l’arte e la pedagogia radicale come strumenti per riposizionare le storie di persone emarginate e rese invisibili, l’opera incoraggia strategie per ripensare collettivamente la realtà e immaginarne le alternative.

Jonathas De Andrade (1982, Brasile) è un artista che vive e lavora a Recife. I suoi lavori sono stati presentati al Museum of Contemporary Art, Chicago; New Museum, New York; The Power Plant, Toronto; MASP – Museu de Arte de São Paulo; MAR – Museu de Arte do Rio; MAC – Musée d’art contemporain de Montréal; MOMENTA Biennale de l’image, Montreal (2019); Istanbul Biennial (2019); SITE Santa Fe (2016); Bienal de São Paulo (2016); Performa15, New York; e La Biennial de Lyon (2013), tra le altre.

EIGHT

Aziz Hazara
Takbir, 2022

Video digitale monocanale, colore, suono 5.1, 9’58”. Courtesy dell’artista, Experimenter e Fondazione In Between Art Film

Negli anni Ottanta, gli abitanti di Kabul approfittavano dell’oscurità notturna per protestare contro l’occupazione sovietica in corso. Il ritiro delle truppe nel 1989 ebbe come conseguenza trentadue anni di guerriglia in tutto il paese. Nel 2021, al termine dell’invasione NATO guidata dagli Stati Uniti, gli abitanti di Kabul tornarono sui tetti per gridare il Takbir, scandendo Allah-u akbar come atto di sfida sonoro, una rivendicazione collettiva di spazio nell’oscurità. Il film tratta quanto complesso sia il concetto di verità quando è calato nella realtà affettiva dei singoli e di un popolo, aggirando i tentativi fatti sia dal governo afgano in carica e sostenuto dagli Stati Uniti sia dai Talebani di appropriarsi, a fini propagandistici, di queste grida. Takbir osserva il buio e la luce, il suono e il silenzio, usandoli come strumenti percettivi e metaforici per interpretare le trasformazioni provocate dalla guerra al terrorismo. Le scene del film sono state girate perlopiù a Kabul ed evocano la bellezza di una città che scintilla nella notte insieme alle conseguenze crudeli della normalizzazione della violenza. Takbir non solo intreccia geografie vicine e lontane ma incorpora anche rituali sonori recenti e passati in una serie di dislocamenti che attraversano spazi e temporalità multiple.

Aziz Hazara (1992, Afghanistan) ha presentato i suoi lavori a PinchukArtCentre, Kiev; Hessel Museum of Art, CCS Bard College, New York; Netwerk Aalst; Biennale of Sydney (2020); e IKOB, Eupen, tra le altre. Nel 2021, Hazara ha ricevuto il Future Generation Art Prize.

SET DESIGN

La penombra si manifesta nella bellezza dell’incerto, tra stato mentale ed esperienza. Attraverso una serie di strutture modulari, il progetto espositivo occupa e risponde al mosaico di spazi eterogenei del Complesso dell’Ospedaletto: telai modulari lignei combinati a tessuti scuri telati—un sistema che si adatta a diverse geometrie e organizzazioni, e che può essere smontato e riadattato a usi futuri—si dispiegano attraverso una sequenza stratificata che lega insieme la monumentale chiesa cinquecentesca di Santa Maria dei Derelitti, lo scalone elicoidale di pietra della fine del seicento, gli affreschi illusionistici della settecentesca Sala della Musica, fino a recenti adattamenti di epoca moderna.
L’allestimento riflette sulle nozioni interconnesse di anatomia umana e architettonica e, presentando ciascun film secondo una modalità specifica, è concepito come una raccolta di parti provenienti da un corpo smembrato, che a volte valorizza le stanze esistenti, e altre le nasconde. Lo spazio-tempo tra un film e il successivo è occupato da oscurità, squarci di luce, frammenti di strutture che fanno crollare la distinzione tra scenografia e architettura. Il visitatore è così immerso in un viaggio cinematico attraverso un’architettura dormiente, che galleggia tra passato, presente e futuro.

Ippolito Pestellini Laparelli, 2050+

 

PUBLIC PROGRAM

Penumbra sarà accompagnata, durante il periodo di apertura della mostra, da un programma pubblico di incontri intitolato Vanishing Points. Secondo la prospettiva lineare, il punto di fuga è quel luogo, tanto reale quanto virtuale, dove gli elementi di un’immagine convergono sulla linea dell’orizzonte. È quel punto ideale e universale da cui dipende la costruzione dell’immagine che l’occhio è invitato a guardare. Tuttavia, è anche il luogo dove paradossalmente la visione si esaurisce.
All’interno e al di là di questa cornice interpretativa, il programma pubblico di Penumbra guarda ai punti di fuga materiali e metaforici che animano le opere in mostra, riconoscendo e confrontandosi con una molteplicità di prospettive su temi come l’attivismo, l’estetica, l’eco- critica, la geopolitica, la filosofia, il postcolonialismo, la pratica spaziale critica e la cultura visiva. Insieme a curatori, ricercatori e pensatori, Vanishing Points coinvolge gli artisti che partecipano alla mostra ed espande i discorsi intorno alla loro pratica attraverso conversazioni, programmi di proiezioni, performance e letture dal vivo. L’obiettivo è quello di incoraggiare nuovi incontri e scambi di idee inaspettati sulla produzione culturale.

Bianca Stoppani, Editor, Fondazione In Between Art Film
Paola Ugolini, Curatrice, Fondazione In Between Art Film

Il programma di Vanishing Points è consultabile al sito inbetweenartfilm.com

FONDAZIONE IN BETWEEN ART FILM

Fondazione In Between Art Film è nata nel 2019 con un programma culturale incentrato sul ruolo delle immagini in movimento nel nostro presente e sul sostegno ad artisti, istituzioni e centri di ricerca internazionali che esplorano il dialogo tra discipline diverse. La Fondazione si propone di indagare i confini dei time-based media tra film, video, performance e installazione attraverso progetti di commissione, programmi di acquisizione e collaborazioni istituzionali. Con l’ideazione della piattaforma di ricerca permanente STILL – Studi sulle immagini in movimento, abbiamo voluto estendere anche al campo della teoria il nostro impegno, costruendo un archivio di scrittura in divenire sulle opere nella collezione della Fondazione e sul lavoro delle artiste e degli artisti che accompagniamo nel percorso creativo. La Fondazione prosegue e amplia il lavoro della casa di produzione In Between Art Film che, dal 2012 al 2019, ha prodotto e sostenuto la realizzazione di opere video per dOCUMENTA 14 a Kassel, il Padiglione Italia alle Biennali Arte 2017 e 2019, Manifesta 12 a Palermo, Serpentine Galleries a Londra, e la Biennale de l’Image en Mouvement del 2016 e del 2018 a Ginevra. L’impegno nella cultura delle immagini in movimento trova espressione anche nel sostegno alla programmazione del Museo MAXXI a Roma, della Tate Modern a Londra e dello Schermo dell’arte a Firenze.

Fondazione In Between Art Film
Presidente: Beatrice Bulgari
Direttore Artistico: Alessandro Rabottini
Curatori: Leonardo Bigazzi, Paola Ugolini
Project Manager: Alessia Carlino
Editor: Bianca Stoppani
Segreteria: Simona Iandoli
Archivio: Chiara Nicolini

COLOPHON

Penumbra
20.04–27.11 2022
Complesso dell’Ospedaletto, Venezia

Una mostra ideata e prodotta da Fondazione In Between Art Film con Karimah Ashadu, Jonathas de Andrade, Aziz Hazara, He Xiangyu, Masbedo, James Richards, Emilija Škarnulytė, Ana Vaz

a cura di: Alessandro Rabottini, Leonardo Bigazzi

Project manager: Alessia Carlino

Ricerca: Bianca Stoppani

Public program a cura di: Bianca Stoppani, Paola Ugolini

Coordinamento: Giovanni Paolin

Scenografia /Set design: 2050+ Guglielmo Campeggi, Francesca Lantieri, Ippolito Pestellini Laparelli, Massimo Tenan

Coordinamento e allestimento: Altofragile

Sara Bernasconi, Lapo Gavioli, Giulia Mainetti, Francesco Rovaldi

Design: Lorenzo Mason Studio
Lorenzo Mason, Dafne Pagura, Simone Spinazzè

Coordinamento organizzativo:
Venews C563 Arts – Massimo Bran, Paola Marchetti
Ospedaletto Con/temporaneo – Mariachiara Marzari
Fondazione In Between Art Film – Simona Iandoli, Chiara Nicolini

Relazioni stampa e comunicazione:
Lara Facco P&C – Lara Facco, Claudia Santrolli
Sam Talbot – Matthew Brown, Jennifer Kibazo, Sam Talbot

Si ringrazia:

Gianmatteo Caputo,
Delegato Patriarcale Beni Culturali Ecclesiastici per il Patriarcato di Venezia

I.P.A.V. (ex I.R.E.)
Luigi Polesel, Presidente
Agata Brusegan

Fondazione Venezia Servizi alla Persona
Claudio Beltrame, Presidente
Laura De Rossi, Laura Marcomin, Edoardo Rizzi, Elisa Torri

Guida alla mostra

Testi: Bianca Stoppani eccetto la sinossi per É Noite na América di: Ana Vaz

Copy-editing: Rachel Walther

Traduzioni: Alessandra Castellazzi, Sarah Elizabeth Cree

Tutte le opere sono state commissionate e prodotte da Fondazione In Between Art Film